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Biennale Architettura 2018, Matrix4Design incontra Marco Piva

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In occasione della Sedicesima Mostra Internazionale di Architettura di Venezia lo Studio Marco Piva è stato invitato dalla GAA Foundation a partecipare alla mostra Time Space Existence 2018 organizzata a Palazzo Bembo: selezionato come unico rappresentante italiano tra 50 studi internazionali, lo studio coglie l’occasione per presentare al pubblico una serie di progetti emblematici del proprio lavoro, improntato su valori di innovazione, sostenibilità, qualità e stile. Abbiamo incontrato l’architetto Marco Piva, che ci ha parlato di questa opportunità ma anche della sua visione dell’architettura oggi, a partire proprio dal tema dello “spazio libero” scelto come filo conduttore della Biennale di quest’anno.

 

Nell’ambito della mostra Time Space Existence 2018 il suo studio sarà presente con un progetto dal titolo Lo Spazio della Ricerca, il Tempo della Materia, l’Immaginazione del Futuro. Di che cosa si tratterà? Che tipo di riflessione verrà sviluppata?

“L’Architettura è strumento di racconto e di rappresentazione della società che la genera e, come la società, si trasforma nel tempo per interpretarne le tensioni e il divenire. 

La nostra attività di progetto si sperimenta in luoghi molto diversi tra loro, dagli Stati Uniti all’Europa, dalla Russia al Middle East, dall’India alla Cina nei vari ambiti progettuali dell’Urban Planning, dell’Architettura dell’Interior Design. 

Il nostro Studio è inoltre costituito da una struttura multinazionale e multiculturale che ci consente di approcciare i temi di progettazione da diversi angoli interpretativi, fondendo la nostra matrice italiana con molte altre diverse concezioni. 

Materia, forma, texture, colore, luce sono gli elementi fondativi del nostro linguaggio progettuale che attraversa in continuità le varie scale del progetto. 

Siamo impegnati a indagare su come il Masterplanning e l’Architettura potranno 

contribuire alla costruzione delle città del futuro e sulla base di quali  principi sarà possibile consentire una vita dignitosa e di qualità ai miliardi di persone che vi abiteranno. 

Per la Mostra a Palazzo Bembo abbiano quindi selezionato alcuni progetti in via di sviluppo o di costruzione che possano rappresentare in modo chiaro e sintetico tipiche “case history” del nostro lavoro progettuale che si incentra  sempre sulla ricerca ambientale, storica e sociale relativa ai luoghi interessati dal progetto, sulla Materia che andrà a comporre volumi e superfici degli edifici e infine su quella che potrà essere la capacità funzionale e evolutiva delle nostre opere.”

 

 Il tema della Biennale di Architettura di quest’anno è Freespace: che cosa significa oggi per lei, in qualità di architetto, progettare uno spazio autenticamente “libero”? In quale accezione interpreta questo aggettivo? 

“Per definizione lo Spazio Architettonico non è uno Spazio oggettivamente libero, ma in qualche modo delimitato per ovvie ragioni funzionali. Ma all’interno dei confini dell’opera e soprattutto in relazione allo spazio e alla realtà circostante l’organismo architettonico può inserirsi positivamente nei vari contesti contribuendo a migliorarne gli aspetti funzionali, sociali o addirittura simbolici, agendo da elemento connettore se non addirittura generatore di nuovi rapporti con il territorio e con la realtà sociale in cui è immerso.

‘Freespace’ per me è sostanzialmente una sintesi tra un sostantivo (Spazio come sostanza percepibile) e un’aggettivazione  (Libero come condizione, non legata a dogmi o a regole precostituite che ne possano limitare l’espressività e l’esperienza estetica e d’uso ad essa correlate).

Progettare uno spazio autenticamente libero è conseguentemente un processo che, pur rispettando gli obbiettivi funzionali di fondo, mira a configurare una condizione dinamica di forme e volumi, di superfici e piani, di materia “pesante” e materia “leggera”, di luce naturale e artificiale, di “racconto” mirabile ed emozionante.

La grammatica e la sintassi dell’architettura sono considerevolmente vaste, ogni epoca ha aggiunto o rielaborato gli elementi di base, le componenti strutturali, le tecniche costruttive, l’immenso bagaglio stilistico è in costante trasformazione e crescita.

Credo quindi che attraverso l’innovativa concezione dello spazio e delle condizioni di fruizioni di questo si possa contribuire all’evoluzione dell’Architettura quale disciplina di grande complessità indispensabile a sostenere e contenere la vita umana.”

 

Un altro aspetto al centro della Biennale di quest’anno è il rapporto dell’architettura con il contesto ambientale e con le comunità che lo abitano. Quanto sono importanti queste due componenti nel suo lavoro progettuale? Come si relaziona ad esse?

“Come accennato nell’incipit della nostra dichiarazione di intenti per la Mostra di Palazzo Bembo, il progetto Architettonico non può prescindere dall’analisi del contesto territoriale, storico, economico e sociale in cui esso dovrà essere sviluppato e nel quale dovrà esplicitare le sue funzioni.

L’identificazione del famoso ‘genius loci’ è l’operazione di minimo livello assolutamente dovuta anche in contesti che sembrano non offrire nulla in termini di spunti o relazioni generate dal contesto. 

È necessario e possibile costruire un percorso concettuale capace di dare indirizzo e sostanza al racconto architettonico, all’identificazione di un suo spirito costituente.

Questa componente ‘non materiale’ dell’opera, se identificata e rappresentata  con attenzione e sensibilità, verrà sicuramente percepita e accompagnerà la vita dell’edificio senza mai tradirne la sostanza.

A mio parere,  per gli edifici destinati alla residenza e all’ospitalità e soprattutto per i complessi polifunzionali è fondamentale trovare soluzioni funzionali e formali in grado di porli in rapporto osmotico con il contesto.

Desidero che siano riconoscibili, non respingenti ed autoreferenziali ma permeabili e fisicamente connessi con la realtà circostante.

Un semplice esempio è dato dalle strutture alberghiere che, nella mia concezione, costituiscono dei veri e propri gates di accesso alla realtà locale per i viaggiatori che possono giungere da qualsiasi angolo del pianeta e che attraverso gli spazi ed i servizi di un hotel ben studiato ed aperto al contesto territoriale hanno la possibilità di entrare in contatto armonico con la cultura locale, di identificarne le caratteristiche ed i valori.”

 

Quali sono i progetti e/o gli obiettivi su cui punta lo Studio Marco Piva per il prossimo futuro?

“Lo Studio punta a consolidare i quattro pilastri progettuali interconnessi sui quali basa la sua attività: Il Masterplanning, l’Architettura, l’Interior Design, il Product Design. 

Per proseguire al meglio su questo percorso lo Studio ha attivato al suo interno un Centro di Ricerca e Sviluppo che è costantemente impegnato a identificare elementi di innovazione materica, tecnica e formale che possano essere applicati ai nostri progetti per perseguire l’innovazione sostenibile e l’eccellenza estetica e funzionale.

Il tema dell’efficienza e della sostenibilità sono per noi i traguardi inalienabili per ogni nuova opera. Soprattutto in Italia è fondamentale fare un uso attento del suolo, rigenerare il tessuto urbano demolendo edifici fatiscenti o di nessun valore architettonico sostituendoli se necessario con nuovi organismi architettonici di grande efficienza o trasformando gli spazi vuoti in parchi, giardini, luoghi di aggregazione e servizio alla comunità.

Intendiamo proseguire nella nostra azione di internazionalizzazione identificando nuovi territori di sviluppo nei quali sperimentare le nostre capacità progettuali  e conoscenze tecniche.

Crediamo infatti che la cultura italiana del progetto, anche attraverso il nostro contributo determinato e entusiasta, possa portare specifici valori culturali e tecnici capaci di trasferirsi e  saldarsi a quelli di culture diverse e locali per generare nuove visioni e nuovi scenari di grande efficienza e qualità.”