HomeArchitetturaMio Lab, Flaviano Capriotti rinnova il city bar del Park Hyatt Milano

Mio Lab, Flaviano Capriotti rinnova il city bar del Park Hyatt Milano

-

 

Mio Lab, il city bar e bistrò del Park Hyatt Milano, si rinnova a dieci anni dalla sua prima inaugurazione. A ridisegnare lo spazio con una rinnovata palette cromatica e materica, aggiornando tutti i rivestimenti tessili per amplificare la percezione di comfort e lo spettro cromatico visivo, è Flaviano Capriotti.

Il bar, concepito come centro delle aree pubbliche e conviviali del Park Hyatt Milano, si distingue per uno stile glamour ma informale. Il design del Mio Lab vuol essere un omaggio alla grande tradizione tessile e artigiana di Milano: è così che le trame tessili, così come del resto tutti gli arredi e i complementi, sono stati realizzati su disegno dell’architetto in esclusiva per Park Hyatt Milano. I materiali impiegati sono infatti tipici della cultura architettonica italiana, dove i marmi ricordano quelli della Milano degli anni ‘30 e l’ottone spazzolato si pone come filo conduttore di questo racconto tra passato e presente.

Il primo spazio al quale l’ospite accede è la sala che ha come protagonista il grande bancone bar che si trova al centro dello spazio. Composto da quattro materiali – i tradizionali marmi verde Alpi e Arabescato, l’olmo e l’ottone spazzolato – il banco può essere fruito in piedi, per un cocktail, oppure in convivialità nella grande penisola di olmo, seduti su sgabelli imbottiti in pelle testa di moro.

Al soffitto, un’installazione luminosa in policarbonato ambra colato a mano è contenuta da una cornice in rovere scuro, mentre materiali come il marmo spazzolato Light Emperador per il pavimento e il tessuto in bronzo ed acciaio alle pareti hanno tonalità che riscaldano l’ambiente.

La sala del banco bar si affaccia sulla zona più privata e morbida della Sala dei legni, rivestita da boiserie di olmo con grandi divani, alti ed avvolgenti, e tavoli in marmo Light Emperador.

In queste sale il tessile è ovunque. I tessuti scelti sono quelli di Dedar a partire da Dilmun, jacquard sartoriale che, nella tonalità dell’azzurro, accende un’elaborata armonia di trame e armature, utilizzando accenti metallici che rimandano alle luci di città lontane e immaginari cieli stellati. Sansone, nella cromia oro, aggiunge morbidezza e luminosità grazie alla tessitura su telai usati per la produzione dei velluti in seta. Marabou, nelle cromie notte e canyon, è una ciniglia che evoca il comfort di un leisurewear e la mano piena di un velluto, coniugando la morbidezza del filato di ciniglia in trama e ordito alla praticità.

“Questo nuovo intervento è stata un’occasione per rileggere a distanza di tempo il rapporto tra esperienza tattile e visiva, e il loro ruolo nel definire il senso di comfort delle persone” spiega l’architetto Capriotti. “Abbiamo lavorato per creare un luogo di incontro e condivisione, dove il design si fa esperienza e le trame tessili raccontano storie di eleganza e accoglienza. I tessuti scelti non sono solo un elemento decorativo: i materiali, le lavorazioni artigianali e la palette cromatica sono studiati per enfatizzare la luminosità e la profondità degli ambienti. Ogni texture, infatti, è stata selezionata per offrire una sensazione di piacevolezza creando una connessione immediata tra lo spazio e i suoi ospiti”.