Massimo Kaufmann: le regole del gioco

 

Tonalità di grigi oppure colori vivaci come in un arcobaleno in movimento.

Nelle opere di Kaufmann il gioco degli scacchi diventa una metafora che simboleggia un campo di battaglia, un conflitto complesso. Il gioco si fa più confuso, non più due schieramenti distinti, bianco e nero, ma una molteplicità di colori, in cui alla fine non è più così chiaro quali siano gli schieramenti e da che parte stare.

Abbiamo incontrato l’artista Massimo Kaufmann presso il Museo del Novecento, dove è visitabile la mostra “Le Regole del Gioco”, e gli abbiamo posto alcune domande sul significato delle sue opere e su quali messaggi ha voluto trasmettere.

L’evento, dal forte carattere interattivo e performativo, anima gli spazi espositivi di FORUM900, in corso presso il Museo del Novecento a Milano.

© Fulvio Lacitignola

In esposizione sono presenti quattro opere, vere e proprie scacchiere d’artista. Tre di queste, realizzate in legno e con misure regolamentari (57×57 cm), sono costituite dalle consuete 64 case e da 32 scacchi dipinti con colori a olio in 96 colori differenti, mentre la quarta, Pan, di dimensioni più ridotte, è destinata ai bambini.

Nonostante il chiaro sovvertimento della prima regola degli scacchi – che qui non prevede più unicamente il bianco e il nero contrapporsi bensì un’infinita possibilità di colori – le modalità e le regole del gioco rimangono identiche e le scacchiere perfettamente fruibili: due giocatori possono confrontarsi secondo tutte le regole canoniche senza incorrere in alcun altro inconveniente che non sia la confusione percettiva generata dai colori e accentuata dal continuo spostamento dei pezzi.

A dimostrazione di ciò, le quattro scacchiere sono rese disponibili ai visitatori che, previa prenotazione, possono competere in appassionanti duelli scacchistici. Anche l’artista sarà disponibile alle sfide: una presenza che trasforma il progetto espositivo in performance.

© Andrea Boni

Le scacchiere di Massimo Kaufmann sono state concepite in un momento storico critico, il 2020 che non si chiuderà con lo scemare della pandemia ma proseguirà nel conflitto russo-ucraino. È dunque proprio nel tema del conflitto che le opere di Kaufmann affondano le loro radici: la “guerra”, che il gioco degli scacchi rappresenta e riproduce, si mostra sotto un aspetto differente. Ciascun pezzo della scacchiera mantiene le sue caratteristiche funzionali ma ha un’identità, data dal colore, che gli impedisce di appartenere a un preciso schieramento. Una situazione che genera confusione cognitiva e favorisce cambi di campo e di appartenenza.

La partita a scacchi diviene quindi metafora di un conflitto che vede non solo due antagonisti confrontarsi ma un’innumerevole compagine di differenti soggettività animarsi nel gioco, come a mostrare una multilateralità delle componenti in causa. Come nelle guerre reali, esistono fattori che moltiplicano i punti di vista e gli interessi in campo.

Il gioco si complica, tanto quanto il tema del conflitto si fa più chiaro, nella terza scacchiera. Realizzata in 96 tonalità di grigio, si ispira dichiaratamente a Guernica di Picasso adottandone lo stesso titolo perché contrariamente a quanto si pensa Guernica non è bianca e nera, ma dipinta in un’infinita varietà di grigi, risultato dell’aggiunta del nero ai rossi, ai blu, ai gialli, in una gamma di colori “bruciati”, come la guerra incenerisce tutto ciò che tocca.

© Fulvio Lacitignola

È forse questo lavoro, nel suo tributo a quella che da molti è considerata la più importante opera del Novecento, a costituire il trait d’union tra i due grandi nuclei tematici della mostra: il conflitto, appunto, e la pittura.

Per Massimo Kaufmann il gioco principale rimane la pittura, la sua stessa definizione, con le sue infinite variabili e le sue infinite possibilità di dare forma a un significato, sia esso enigmatico o polivalente, senza ignorare che qualsiasi gioco ha pur sempre le sue regole.

© Fulvio Lacitignola

Anche nelle altre due scacchiere, quelle dai colori più vivaci, Le Regole del Gioco e Calibano, la pittura emerge come protagonista. L’artista sottolinea come i colori nella pittura si siano sempre dati battaglia. L’idea che i colori rappresentino l’energia dinamica, come squilli di tromba e rulli di tamburi, mostra tutta la volontà di potenza che ha da sempre accompagnato la retorica della guerra.

© Andrea Boni

31 maggio – 31 agosto 2023

Museo del Novecento, Milano

Biografia

Nato a Milano nel 1963, vive e lavora tra New York e Milano. Attivo dalla fine degli anni ’80 nella generazione di artisti nati dopo il 1960 che si impone sulla scena italiana dopo le esperienze dell’Arte Povera e della Transavanguardia, Kaufmann si colloca fin dagli esordi nella “Scena Emergente” nella quale una nuova generazione nata al di fuori delle ideologie attraversa i medium più diversi. In quegli anni espone in numerose gallerie italiane: Studio Marconi, Lia Rumma, Galleria Emilio Mazzoli, Gianenzo Sperone. Nel 1990 espone al Museo Pecci di Prato, al Pac di Milano e alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, musei presso i quali vengono acquisite le sue opere. Negli anni successivi importanti musei internazionali acquisiscono suoi pezzi tra cui Fondation Cartier, Martin Gropius Bau, Sperone-Westwater, Bronx Museum, Musée d’Art Contemporain di Nizza, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, PAC, Triennale, Collezione Palazzo Reale di Milano, MAMbo di Bologna e i Musei di Graz, Sarajevo, Tel Aviv. Nel Biennio 2006-07 è docente presso le Accademie d’Arte di Bergamo e Brescia e dal 2010 collabora con l’Accademia di Brera a Milano. Nell’ultimo decennio il suo lavoro si è concentrato su una pittura astratta nella quale l’aspetto performativo riveste un ruolo centrale. Il colore come veicolo emozionale, la pittura praticata come partitura musicale. [Fonte: www.doutdo.it]