A Palazzo Reale a Milano, dal 6 dicembre, in concomitanza con l’apertura della stagione scaligera, apre la mostra di Patrizia Mussa Teatralità – Architetture per la meraviglia, a cura di Antonio Calbi, promossa da Comune di Milano-Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Studio Livio, con il sostegno di Gemmo SpA. L’esposizione è inserita nel programma della “Prima diffusa” promossa dal Comune di Milano insieme a Edison, in collaborazione con il Teatro alla Scala.
Fino al 4 febbraio 2024, nelle dieci sale dell’Appartamento dei Principi, l’artista ci mostra 60 immagini di grande formato con interventi di coloritura a mano, che restituiscono un percorso di analisi della teatralità in architettura: dai primi teatri di Vicenza, Sabbioneta e Parma – che segnano il passaggio dai teatri di corte agli edifici veri e propri – al Teatro alla Scala di Milano, dal Teatro San Carlo di Napoli al Teatro La Fenice di Venezia, dal Teatro Regio di Torino al Teatro Argentina di Roma, dal Teatro della Pergola di Firenze al Teatro Massimo di Palermo, unitamente ad alcune architetture che testimoniano la vocazione “teatrale” di certa architettura italiana, come la Reggia di Venaria, quella di Stupinigi, la Reggia di Caserta, Palazzo Grimani a Venezia.
Dopo Milano, la mostra Teatralità – Architetture per la meraviglia sarà a Matera, al Museo Nazionale, nel seicentesco Palazzo Lanfranchi; a Villa Zito, a Palermo, grazie alla Fondazione Sicilia; all’Accademia di San Luca a Roma, a Parigi, presso il settecentesco Hôtel de Galliffet, sede dell’Istituto Italiano di Cultura, per proseguire in altre città italiane.
Nelle sue fotografie, Patrizia Mussa usa un linguaggio che sembra, a prima vista, di natura oggettivante, per l’uso della luce naturale, la visione frontale, il fuoco totale, che si inseriscono in una calibrata “narrativa”, razionale e cristallina. Ma la fotografia è, per l’artista, solo il punto di partenza. Dopo aver fissato la veduta e realizzato la stampa su carta cotone, Patrizia Mussa interviene infatti con i pastelli colorati a ripercorrere i dettagli e rendendola molto simile a un dipinto o a un arazzo, marcando così una distanza definitiva dal linguaggio meramente fotografico per approdare in un campo artistico ancora senza nome dove l’atto fotografico si unisce al gesto pittorico.
«Ne risultano figurazioni inedite – aggiunge il curatore Antonio Calbi – I teatri fotografati e rielaborati da Patrizia Mussa sono quintessenze formali, poesia visiva, esistenzialismo pittorico senza figure umane.»
L’intento di questa particolare ricerca dell’artista non è restituire una catalogazione dell’architettura dei teatri italiani, quanto rivivere e restituire un’esperienza personale attraverso il gesto artistico: «Un lavoro di rigore e ripensamento – spiega la fotografa –, uno sguardo ad occhi socchiusi, l’innesco di un processo onirico, di smagliatura, di impoverimento, la ricerca di una radice, di un’anima, di un altro significato; una sorta di radiografia, di istantanea retinica o corticale, impressa su un velo sottile.»
Ciò che Patrizia Mussa offre al pubblico non sono quindi solo fotografie descrittive del sontuoso patrimonio architettonico teatrale italiano, ma l’idea stessa del teatro quale luogo per la comunità, in cui riunirsi, guardare ed essere guardati, luoghi dove può affiorare l’intangibile e dunque sono ambiti dell’anima, della visione e dell’ascolto, della realtà replicata in scena, affinché si possa meglio osservarla.
La mostra è occasione per Palazzo Reale di ricordare il Teatro di Corte che si trovava al suo interno. Fu proprio in seguito alla sua distruzione, causata da un incendio, che Maria Teresa d’Austria decise di non ricostruirlo all’interno della residenza reale ma di “donare” un nuovo teatro alla città. Fu così rasa al suolo la chiesa di Santa Maria della Scala e sull’area fu costruito, su progetto del Piermarini, il Teatro alla Scala, inaugurato nel 1778 e giunto nella sua bellezza fino a noi. In mostra, si ammirano quindi la maquette del Teatro di Corte di Palazzo Reale, una grande maquette dell’originario arco scenico del Teatro alla Scala e una dell’intero complesso, grazie al prestito dal Museo del Teatro alla Scala, e rare incisioni d’epoca, in prestito dal Gabinetto delle Stampe del Castello Sforzesco.
Dichiara Irene Gemmo, presidente di Gemmo SpA: «Coniugare la nostra storia centenaria al dialogo continuo con la bellezza, in tutte le sue forme ed espressioni, è un vero privilegio, oggi esaltato dalla collaborazione con Patrizia Mussa e con il Comune di Milano per la realizzazione di questa mostra. Sono decine e decine i beni artistici e culturali che oggi vivono grazie alla tecnologia impiantistica, ai servizi di efficientamento energetico e di facility management di Gemmo, in un perfetto equilibrio tra arte, storia e tecnologia.»