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Borgo Hermada, a Torino un complesso residenziale ricrea l’atmosfera di un borgo

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Nel quartiere Madonna del Pilone, proprio ai piedi della collina di Torino, sorge un complesso residenziale che ricrea la sensazione di essere in un piccolo borgo, proprio come suggerisce il nome Borgo Hermada.

Il progetto architettonico, seguito da Mediapolis Engineering, + Studio Architetti e TRA Architetti, ridisegna e reinterpreta i volumi dell’ex Convento delle Suore di Nostra Signora di Carità del Buon Pastore che sorgeva accanto alla chiesa neogotica di San Massimo (Giuseppe Gallo 1893-97), ora in uso al Patriarcato Ortodosso. Il complesso comprendeva quattro edifici inseriti in un ampio parco digradante verso la collina: la settecentesca Villa Angelica, l’imponente Palazzo Redentore di inizio Novecento e due piccoli edifici, immersi nella natura del parco circostante, Casa San Martino e Casa della Vigna.

© Fabio Oggero

Nello specifico l’intervento ha riconvertito a fini residenziali il Palazzo Redentore e la Villa Angelica con la realizzazione di due volumi ex novo sulla testata est del lotto. Il risultato è un complesso che, giocando tra scale diverse, delinea una delicata transizione tra città e collina. Il fil rouge è il basamento in laterizio facciavista, una quinta ritmata da lesene e aperture per illuminare e aerare i locali interni, che riprende gli imponenti muraglioni in laterizio che caratterizzano la prima parte di Strada Val San Martino.

Cerniera di tutto l’intervento è quindi l’ingresso che, formalmente concepito come un vuoto baricentrico, disegna un nuovo e inatteso spazio urbano, una piazza di comunità a uso pubblico che riqualifica l’intero borgo e in cui confluisce il sistema dei percorsi interni che uniscono i tre edifici apparentemente indipendenti.

© Fabio Oggero

Cifra stilistica di Borgo Hermada è il cambio di rapporto tra pieni e vuoti, mentre la memoria del passato passa attraverso l’uso delle tinte bianche calde o grigie chiare per gli intonaci e dei coppi tradizionali per le coperture.

Le testate del Palazzo Redentore sono scavate da loggiati rivestiti in legno naturale che smorzano l’imponenza del volume originario e aprono scorci inediti sulla città, a sud ovest, e sulla collina, a est. La facciata su strada è scandita da aperture geometriche che seguono elegantemente le proporzioni originarie con alcuni disallineamenti coerenti con le funzioni interne. Il ritmo è accentuato dalle rigature verticali dell’intonaco e dai marcapiano appena accennati. La facciata interna, in continuo dialogo con l’abside della chiesa, è invece mossa dalla rigorosa griglia regolare in acciaio dei terrazzi arricchita da elementi brise soleil orizzontali in laterizio.

© Fabio Oggero

La testata di Villa Angelica è invece caratterizzata da una facciata in lamiera pressopiegata preverniciata e retroilluminata, un nuovo avancorpo, in parte coperto e in parte terrazzato, che accentua la simmetria del volume originario, di cui sono riproposti i marcapiani, le lesene e i serramenti in legno verniciato originari. Le ville sul lato est del lotto con un cambio di passo e di scala segnano la transizione tra la città e la collina e si articolano in un gioco di volumi finiti con intonaco grigio chiaro.

Infine, l’accesso pedonale al complesso porta alla hall interna caratterizzata da un muro in paramano, nitide superfici in gres e una vasca oasi verde punteggiata da feritoie che si aprono sulla via esterna, strumento di mitigazione dello spazio interno e allo stesso tempo elemento sorprendente per chi percorre la via.