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Arte Moda e Design, Flavio Lucchini e i suoi Totem

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Area nata nel 2000 dalla rigenerazione dello stabilimento General Electric, gli spazi del Superstudio Più in Via Tortona 27 ci accolgono in un’atmosfera dallo stile essenziale, in sintonia con la vocazione di un luogo destinato a eventi, mostre ed esposizioni d’arte.

Ci siamo recati qui per scoprire il nuovo FlavioLucchiniArt Museum, il nuovo spazio dedicato alle opere di Flavio Lucchini, dove ci siamo ritrovati immersi in un imponente archivio di oltre 500 opere, molte delle quali inedite.

Art Director e mente creativa di Vogue Italia, Lucchini ha lanciato la moda italiana nel mondo e negli ultimi decenni si è dedicato all’arte sperimentando i più svariati stili e materiali. Abbiamo colto l’occasione della visita presso la galleria per intervistarlo, introdotti da Gisella Borioli, storica compagna di vita e di lavoro.

flaviolucchiniart.com

Dal disegno alla pittura, dal bassorilievo alla scultura, il passo è stato breve.

Ci racconta quali sono le radici della sua lunga sperimentazione artistica?

Già alle elementari mi piaceva disegnare. I miei compagni mi ammiravano per questa caratteristica. Per me era facile e questa capacità mi ha spinto prima a copiare tutto quello che vedevo, poi in seguito a pensare e a capire il mondo che avevo intorno. Il momento decisivo, la svolta è avvenuta a 16 anni quando in biblioteca ho scoperto gli impressionisti, i cubisti, i futuristi, Picasso, Braque, Matisse, il Dadaismo e tutti  quelli che dopo la Prima Guerra Mondiale hanno rivoluzionato l’arte moderna. In seguito, anche lo studio della storia dell’arte mi ha fatto comprendere meglio l’arte e gli artisti del passato, grazie all’applicazione di criteri nuovi e all’aiuto di studiosi come Carlo Ludovico Ragghianti, Roberto Longhi e tanti altri.

2018 Ghost in mostra nel giardino della Triennale di Milano in occasione delle celebrazioni dei 90 anni dell’artista – flaviolucchiniart.com

Le sue sculture, dalle forme classiche al linguaggio contemporaneo, ci colpiscono e ci emozionano con la forza delle grandi dimensioni.

Quali sono state le sue fonti di ispirazione?

A 16 anni vedevo tutto con gli occhi di Picasso. Poi mi sono innamorato di molti altri artisti che mi hanno aperto gli occhi e il cuore. Ma la mia strada l’ho scoperta quando ero direttore artistico di Vogue. Tutto doveva essere bellezza, avanguardia, arte, fuori dagli schemi e dalla tradizione. La grafica stessa diventava una forma d’arte. La spinta a dedicarmi all’arte a tempo pieno è stata la Pop Art. Gli artisti Pop venivano da esperienze pubblicitarie, grafiche, fotografiche: tutti si esaltavano a scoprire valori e contenuti degli oggetti comuni e delle immagini semplici che li circondavano. I barattoli della zuppa americana Campbell’s, la bandiera USA, i cartoons, il cuore e infinite altre cose banali o complesse che erano sotto gli occhi di tutti,  di colpo sono entrate nei musei e hanno influenzato tutti i contesti artistici, persino la moda.

flavio lucchini
2000 Divine Fiberglass di colore bianco acrilico h.670 cm. foto Gian Paolo Tomasi – flaviolucchiniart.com

Per 20 anni il destino mi ha fatto vivere nel mondo della moda come nessun altro. L’ho capito e rappresentato a fondo, dapprima attraverso le fotografie, sulle pagine delle mie riviste, in collaborazione con i più grandi fotografi e gli stilisti stessi. I vestiti per me sono delle “creature” con tanti significati, non solo quello di valorizzare la femminilità. Se questo mio mondo non continuassi a valorizzarlo nell’arte, verrei a mancare a un dovere che il destino mi ha dato. La moda è considerata un gioco, un bene effimero, un divertissement, un usa-e-getta. Ma io che l’ho vissuta da vicino insieme ai grandi creatori italiani e internazionali posso dire che in molti casi si tratta di vere opere piene di contenuti da scoprire. Ecco, per me il vestito rappresenta infiniti valori che non sono solo di chi lo fa, di chi lo sceglie e lo porta, ma sono soprattutto rivolti a chi lo osserva, alla sua cultura e alla sua visione.

Per quanto riguarda, infine, le grandi dimensioni, sono proprio la conseguenza di aver avuto per molti anni il limite della pagina e rappresentano quindi un’altra eredità del mio passato nel giornalismo di moda.

2000 White dress gesso naturale h.300 cm – flaviolucchiniart.com

Le grandi sculture, i bassorilievi a tutta parete, sono opere pensate per arredare gli spazi pubblici e portare l’arte a contatto con l’arredo e il design. Allo stesso modo, la sua arte è legata a doppio filo con la moda.

Ci può spiegare come, secondo lei, a partire dalla relazione con la moda stessa, l’arte può arrivare a dialogare anche con l’architettura e con gli spazi urbani?

Architettura e spazi urbani sono fatti per far vivere l’uomo. L’umanità si esprime con i suoi costumi, con i suoi vestiti. Io stesso ho idealizzato il vestito rendendolo un totem di oggi come un tempo i primitivi adoravano divinità da loro create e li sogno come grandi sculture nelle piazze di New York, Milano, Roma.

flavio lucchini
1993 Gold Fashion Show 3 bassorilievo in cemento, colla carta e foglia d’oro. 155 x 200 cm. – flaviolucchiniart.com

L’utilizzo degli abiti femminili, dai tratti inconfondibili, ci riporta al fantastico mondo della Moda degli anni Ottanta e Novanta e al talento creativo degli stilisti che hanno fatto grande il Made in Italy nel mondo.

Ci piacerebbe conoscere qualche aneddoto degli anni d’oro della moda e di come lei li ha vissuti nella sua esperienza artistica.

Gli aneddoti o le storie che potrei raccontare sono tanti. Mi limito a raccontarne una. Quella di Armani. Giorgio, giovanissimo, lavorava da alcuni anni come assistente di Nino Cerruti alla Hitman, la fabbrica dove si realizzava la collezione Cerruti e altre linee. Il suo lavoro era molto apprezzato. Non solo sceglieva i tessuti come da suo incarico, ma già interveniva sull’immagine degli abiti, sulla preparazione dei servizi fotografici e perfino nel progettare le scarpe realizzate dai Fratelli Rossetti per le sfilate di moda maschile che in quegli anni si tenevano a Roma.

Un giorno Giorgio mi telefona in Condé Nast dove ero, oltre che art director e responsabile di Vogue Italia e delle altre testate che avevo creato, anche direttore di L’Uomo Vogue.  Mi vuole parlare di persona. Arriva accompagnato da Giorgio Galeotti e mi comunicano che non voleva più lavorare per Nino Cerruti e desiderava mettersi in proprio.

“Bene – approvo io – tutti ti apprezzano, noi per primi. Comincia.”

Lui e Galeotti: – “Sì, ma non abbiamo una lira.”

“Non ha importanza – rispondo – Annuncialo su L’Uomo Vogue pubblicando sei pagine di pubblicità in un colpo solo. In ogni doppia pagina metti solo il nome Giorgio Armani e le categorie che vuoi proporre: abiti, cravatte, accessori. Le pagine le pagherai quando potrai.”

“Ma non ho nemmeno il marchio…”

“Te lo realizzo io seduta stante con i caratteri Bodoni di Vogue.”

“Ma non ho nemmeno i tessuti.”

“Con le sei pagine della campagna pubblicata su L’Uomo Vogue avrai la coda dei tessutai che saranno disposti a farti credito.”

È così che nel 1975 nacque la grande Giorgio Armani. Il logo è ancora lo stesso che ho disegnato in quella lontana notte.

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Flavio Lucchini, foto Giovanni Gastel, 2018

BIOGRAFIA

Flavio Lucchini nasce a Curtatone (MN) nel 1928. Frequenta la facoltà di Architettura di Venezia e il Politecnico di Milano e in seguito l’Accademia di Brera. Insegna disegno e storia dell’arte alle scuole medie, a Mantova e in provincia di Milano. Dal 1960 si occupa di grafica, distinguendosi per l’avaguardia del suo lavoro. Chiamato al Corriere della Sera progetta Amica nel 1962. Nel 1965 per conto di Condé Nast lancia Vogue Italia e crea tutte le nuove testate del gruppo (L’Uomo Vogue, Casa Vogue, Vogue Bambini, Lei-Glamour ecc.), fino al 1979. Nel 1967 fonda con Giancarlo Iliprandi, Horst Blachian, Pino Tovaglia e Till Neuburg l’Art Directors Club di Milano. Nel 1980 torna al Corriere della Sera e fonda in società con il gruppo Rizzoli/Corriere della Sera Edimoda, prima casa editrice italiana specializzata per pubblicazioni di alto target moda. Crea Donna, Mondo Uomo, Moda e altre testate che influenzeranno contenuti e grafica dei femminili di tutto il decennio. E’ il personaggio più influente dell’editoria di moda, un talent-scout che scopre e sostiene molti giovani che diventeranno grandi stilisti, fotografi, giornalisti di successo.

Nel 1983 fonda a Milano insieme alla moglie Gisella Borioli Superstudio 13, primo centro per la fotografia e l’immagine, cui aggiunge nel 2000 Superstudio Più, grande complesso dedicato a moda, arte, design e comunicazione e infine nel 2021 Superstudio Maxi centro per eventi iper-tecnologico e completamente ecosostenibile.

Nel 1993 è richiamato a capo di Condé Nast Italia, ruolo che accetta solo come consulenza temporanea nell’intento di dedicarsi totalmente alla sua passione di sempre. Lascia tutti i prestigiosi incarichi e approfondisce la sua ricerca che esplora i rapporti tra arte e moda. Per anni lavora in totale riservatezza, sperimentando tecniche e materiali, accumulando opere, soprattutto sculture e altorilievi, di grande pathos, in cui non manca mai una sottile ironia. “Mi muovo tra classicismo e new pop, in una sorta di filo diretto tra Canova e Jeff Koons. Mi interessa il mistero, la magia della moda, divinizzarla e, nello stesso tempo, dissacrarla”. Dopo la lunga carriera di art-director sotto i riflettori, come artista si allontana da ogni presenzialismo e si isola nel suo atelier.

Solo dopo quindici anni di ricerca artistica accetta di partecipare alle prime mostre. Nel 2004 pubblica il libro “Dress-Art”, una vita nella moda, nel 2010 esce “From Fashion to Art: the Vogue Lesson” di Luca Beatrice, edizioni Skira.

Nel 2008 vince il Premio speciale per la Scultura di Arte Laguna. Nel 2011 viene invitato a partecipare alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Regione Lombardia, a cura di Vittorio Sgarbi. Nel 2012 la mostra antologica istituzionale “Sul sogno del corpo che ‘abita’” con più di cento opere esposte a Palazzo Ducale, Sabbioneta (MN).

Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.

Nel 2018 una grande serata di gala è organizzata in Triennale Milano per festeggiare il suo novantesimo compleanno, con un’installazione di sculture dell’artista e la preview del video “La Moda in altro modo”, reportage degli anni d’oro della moda italiana che tanto deve a Lucchini, con il contributo di Oliviero Toscani e Giovanni Gastel.

Sempre nel 2018 pubblica “Cahier” un piccolo libro di disegni inediti ispirati alle collezioni di Armani, Gigli e Versace, numerati e firmati in limited edition di 100 copie, e la sua biografia “Il Destino. Dovevo fare il contadino ma ho incontrato la moda (non sono uno stilista)”, 90 memorie di esperienze nella moda e nell’arte.

Nel 2021 apre al pubblico in modo permanente il nuovo FlavioLucchiniArt Museum, al Superstudio Più.

Vive tra Milano e Dubai, città che ha ispirato opere digitali di grande attualità tra cui i Burqa e gli Skyscrapers.

Il percorso artistico

Il suo percorso artistico si snoda dagli altorilievi Circus- Fashion Lunapark dei primi anni ’90, iconici e esagerati ai Dress Toys (1993/95), cubetti irregolari in ferro laccato a colori o in acciaio cor-ten, casualmente disposti a rappresentare figure e vestiti come fossero costruzioni di bambini, ai Totem urbani, di ferro, acciaio, ghisa, anche in grandi dimensioni per spazi all’aperto. Con i Gold, sculture in bronzo dorato o rivestite di foglia d’oro, crea piccoli idoli pagani, un omaggio ai vestiti-mito dei nostri tempi mentre la lunga serie dei Dress Memory, in resina bianca laccata, ipotizza tracce indistruttibili di moda, una sorta di archeologia dell’abito che affiora dalla materia, come reperti di un tempo che fu. I Ghost e le grandi sculture Haute Couture sono tracce di abiti indimenticabili.

Poi il registro cambia, Lucchini si avvicina sempre più all’estetica pop, ai toys. Osserva le teen-ager ancora bambine ma già donne, con i loro ombelichi in vista e i codici delle loro tribù: ecco le Dolls, giocose sculture, ingenue e sfrontate, ironiche e colorate ragazzine dei nostri tempi, ecco i Marshmallows, opere zuccherine, bambole e pupazzi dal tratto infantile, i Flowers, grandi fiori immaginari. Le Faces, volti di donna, i lineamenti che mutano con la luce, sono una riflessione sulle diverse identità e sulla chirurgia estetica che rende tutte uguali. Oltre la moda: Lucchini, attento ai fenomeni sociali, rilegge a suo modo l’abito, da lontano e si sta insinuando profondamente nel presente e nel mondo occidentale. I Burqa, opere digitali e sculture riflettono sulla donna negata, sulla insopprimibile voglia di essere se stesse, anche utilizzando un linguaggio provocatorio, i codici del fashion e della pubblicità. La ricerca di Lucchini continua tra sacro e profano, con una rivisitazione digitale delle più famose opere a tema religioso del passato contaminate dalle icone e dai comportamenti di oggi. Ultimo capitolo, l’utilizzo della realtà aumentata per far apparire le sue sculture monumentali ovunque nel mondo con l’utilizzo dello smartphone.