Comprendere e interpretare la specificità di un marchio senza rinunciare alla propria personalità creativa, valorizzandone l’identità in maniera originale, con stile e un pizzico di ironia: è questa la sfida che si rinnova in ogni progetto firmato dallo studio Calvi Brambilla, che si tratti di concept per interni, spazi retail, allestimenti temporanei o nuovi prodotti creati in collaborazione con blasonati brand di arredamento. Un flusso inesauribile di idee e ispirazioni quello generato dalle due anime dello studio, Fabio Calvi e Paolo Brambilla, alimentato dalla curiosità di esplorare la cultura visiva in tutta la sua vastità per riproporla in veste attuale e mai scontata. In questa intervista abbiamo chiesto agli architetti di raccontarci qualcosa di più del loro modo di lavorare, con uno sguardo ai progetti di oggi e di domani.
TECNO, Orgatec 2018
Il vostro studio affronta da sempre diversi aspetti del mondo del progetto, dall’interior design all’exhibition design fino al product design, solo per citarne alcuni. Qual è il filo conduttore che unisce i vostri lavori? Quali sono i valori che vi contraddistinguono come firma?
«Il segreto del nostro studio è non avere un segno personale troppo riconoscibile: crediamo che il narcisismo del progettista non debba prevalere sull’efficacia del progetto. In particolare, lavorando per aziende che devono avere un’identità di marchio riconoscibile, un segno autoriale troppo marcato è addirittura dannoso. Naturalmente questo non significa non avere personalità: ad esempio, nei nostri progetti c’è sempre una certa ironia, a volte più marcata, a volte sottotraccia.»
PEDRALI, con l’allestimento #PEDRALIGOODIDEAS, Salone del Mobile Milano 2018, che ha vinto gli Icon Awards come “Innovative Architecture” e il German Design Award 2019 nella categoria Fair and Exhibition.
Quali sono secondo voi oggi le tendenze più forti nell’interior design? Che cosa si chiede ai progettisti?
«Sta perdurando un certo iper-decorativismo che, pur avendo una grande forza iconografica, a volte è talmente eccessivo da essere decadente. Del resto, è noto che nei periodi storici di grande crisi la cultura figurativa si affida ad una esuberanza formale che è sintomatica di una insicurezza di fondo.»
Spesso, in occasione delle più importanti fiere di settore, curate l’allestimento degli stand espositivi di prestigiosi brand di design. In questi casi qual è il vostro metodo di lavoro? Come vi rapportate alla committenza?
«Il primo approccio consiste nella comprensione della cultura aziendale del nostro cliente, dei valori del marchio e delle strategie di marketing. Proponiamo poi un concept evolutivo, talvolta anche dirompente, eversivo rispetto a quanto fatto fino a quel momento ma che sia comunque in grado di rispondere a tutte le esigenze di comunicazione, di mercato e di spesa.
È un lavoro di messa in scena molto simile a quella teatrale, dove si gioca con gli spazi, gli oggetti e la luce. Sappiamo di avere un ruolo importante perché attraverso il nostro lavoro dobbiamo sedurre un pubblico variegato che spazia dall’architetto d’interni al giornalista, dal negoziante specializzato al cliente finale.»
FLOS, Euroluce 2017, che ha vinto il premio come miglior stand Salone del Mobile 2017
Quali sono le vostre principali fonti d’ispirazione nel progettare?
«Alimentiamo la nostra cultura visiva in tutti i modi possibili, attingendo a piene mani dall’architettura, dall’arte contemporanea, dal teatro e dal cinema. È indispensabile avere una vasta cultura figurativa per maneggiare i progetti su più livelli contemporaneamente.»
Su quali progetti state lavorando al momento?
«Nel breve periodo stiamo lavorando per una decina di allestimenti al Salone del Mobile, in parte per marchi consolidati e di prestigio, come Zanotta e Flos, in parte per piccoli marchi emergenti, come “da a” e “Dooor” [si tratta di un nuovissimo brand che verrà lanciato in occasione del Salone del Mobile 2019 di cui lo studio Calvi Brambilla assumerà la direzione artistica, ndr]. Ma il nostro entusiasmo è lo stesso: nel primo caso ci confrontiamo con la storia del design, nel secondo scommettiamo sul futuro.»
(FOTO IN COPERTINA DI ALESSIA INTERLANDI)