HomeArchitettura3 proposte per cambiare il Paese: risponde Stefano Boeri

3 proposte per cambiare il Paese: risponde Stefano Boeri

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È tra gli architetti italiani più famosi al mondo, il geniale ideatore dell’ormai iconico Bosco Verticale di Milano e dei suoi gemelli internazionali, il teorico del nuovo prototipo di città rigenerata attraverso la riforestazione, il sostenitore della causa della sostituzione edilizia nell’Italia gravata dalla ricostruzione post-sisma. Abbiamo incontrato Stefano Boeri a poche settimane dall’inizio del Salone del Mobile di Milano, evento-cult per il mondo del progetto, e con lui abbiamo parlato della Design Week ma anche delle città del futuro, delle sfide da affrontare in Italia e nel mondo. Con tre proposte rivoluzionarie indirizzate al cuore del nostro Paese e al governo che presto ne assumerà la guida.

 


Il suo studio Stefano Boeri Architetti sarà tra i protagonisti della prossima Milano Design Week, in qualità di nuovo curatore della mostra-evento space&interiors in un’edizione all’insegna del rinnovamento. Che cosa vedremo?

“Abbiamo immaginato di condurre i prodotti di architettura d’interni su un altro pianeta, cioè di provare a giocare sulla capacità che hanno le aziende di anticipare il futuro. Porteremo a The Mall, il grande spazio in Porta Nuova dove si svolgerà l’esposizione, un allestimento che racconta come si può vivere su Marte, ispirato alla fantascienza e alle ricerche fatte dalla NASA, una vera e propria ricostruzione di un ambiente di vita extraterrestre.

Questa è innanzitutto una sfida per le aziende presenti, chiamate a interpretare il futuro, ma anche una provocazione, che ci ricorda come se non interveniamo subito sul cambiamento climatico probabilmente saremo davvero obbligati ad andare su Marte tra qualche decennio.”

 

Lei si batte da anni per il riconoscimento a livello globale della necessità di rigenerazione urbana intrecciata alla questione ambientale e oggi il modello del suo Bosco Verticale, definito nel 2015 “il grattacielo più bello del mondo”, si sta diffondendo in tutto il globo. Siamo davvero all’alba del cambiamento? Cosa dobbiamo aspettarci dalle architetture e dalle città di domani

“Dobbiamo aspettarci che le città di domani affrontino due grandi sfide. Una è quella del cambiamento climatico, peraltro generato dalle città stesse, che producono il 70% della CO2 presente nell’atmosfera. L’altra grande sfida è invece quella della povertà, che è cresciuta e continua a crescere, soprattutto nelle città con insediamenti come slums, baracche, favelas che rappresentano più del 30% della superficie urbana nel mondo.

Queste due sfide fondamentali vanno affrontate insieme e ciò significa che bisogna lavorare sia sulla questione delle energie rinnovabili sia su quella della riforestazione. È necessario fare di tutto, anche con il contributo delle imprese e delle comunità locali (per le quali ci sarebbe poi un ritorno economico), per aumentare le superfici verdi, sui tetti, nelle corti, lungo i viali, nelle foreste intorno alle città, con edifici sul modello del Bosco Verticale che noi abbiamo proposto. Il tema della riforestazione urbana sarà uno dei più decisivi dei prossimi anni.”

 

Siamo in tempi di grandi sommovimenti geopolitici. Ritiene che l’architettura possa avere un ruolo nell’affrontare gli spostamenti di grandi masse di persone dalle campagne alle città ma anche da una nazione all’altra? In che modo? Attraverso i loro progetti, gli architetti possono/devono indicare nuove modalità di convivenza?

“Sì, gli architetti hanno questo dovere. La questione dell’immigrazione è molto importante, specialmente alla luce del fatto che essa è sempre più connotata da ragioni legate al cambiamento climatico: oggi ci sono circa 12 milioni di migranti climatici e nel 2050 il loro numero salirà a 250 milioni, creati dalla desertificazione progressiva. Su questo bisogna riflettere.

Inoltre, questo fenomeno migratorio complesso, che avviene a volte per ragioni climatiche, altre per ragioni economiche o politiche, si collega anche al fatto che oggi la famiglia è diventata un’entità flessibile, a geometria variabile: le famiglie ricostruite, allargate, mononucleari interpretano forme diverse dell’abitare che richiedono un grande sforzo di immaginazione a chi lavora sugli interni. La cucina diventa l’unico vero spazio conviviale, le camere da letto assomigliano sempre più a dei monolocali attrezzati con tutte le funzioni possibili: ci sono insomma varie tendenze su cui tutti stiamo lavorando.”

 

Il suo impegno è anche rivolto al tema, così importante in Italia, della ricostruzione post-sisma (la nuova mensa di Amatrice ne è un esempio). Non crede che, in un Paese con costruzioni vecchie e densamente abitato come il nostro, oltre al problema della ricostruzione di ciò che è crollato bisognerebbe porsi anche quello della “sostituzione” edilizia di una parte delle preesistenze?

“Come ho più volte detto, in Italia su 12 milioni di case ce ne sono almeno 4 milioni in condizioni di degrado ed energivore, difettose in tema di sostenibilità, edifici fragili sul piano strutturale che andrebbero sostituiti, cioè abbattuti e ricostruiti con edifici nuovi, ad alta prestazione energetica e con qualità architettoniche e d’interni capaci di rispondere alle nuove domande sociali.

Questo sarebbe uno dei grandi progetti di rigenerazione del Paese, e non è un progetto soltanto architettonico ma anche sociale, economico, politico. Bisognerebbe avere il coraggio di lanciare questa grande campagna, facilitando la sostituzione edilizia stessa, per esempio attraverso l’eliminazione degli oneri di urbanizzazione per gli operatori che sostituiscono un edificio con un edificio migliore: sarebbe già un primo grande segno di una politica che guarda alla rigenerazione urbana in modo nuovo.”

 

Le elezioni politiche in Italia sono alle porte. Se potesse segnalare al governo che s’insedierà tre proposte forti sulle quali concentrare le energie del Paese nei prossimi anni, quali sarebbero?

La prima è quella di cui abbiamo appena parlato, e cioè un forte intervento per la sostituzione edilizia e la rigenerazione.

La seconda è l’istituzione di un ministero dei boschi, del legno e della forestazione urbana che promuova, attraverso l’economia circolare, un sistema di imprese in tutte le regioni italiane capace di utilizzare la presenza dei boschi, cresciuti in Italia negli ultimi anni, come un grande fattore non solo ambientale ma anche produttivo, perché oggi il legno è una componente fondamentale nell’arredo, nell’edilizia e in molti altri settori grazie alle sue numerose qualità, tra cui quella antisismica.

La terza proposta è quella legata all’edilizia sociale/social housing, cioè la necessità di promuovere sempre di più, incentivando i rapporti tra pubblico e privato, la realizzazione di architetture, case, edifici in grado di rispondere soprattutto alla domanda che viene dai giovani. Si tratta di una domanda esclusa dalle graduatorie dell’edilizia popolare perché un po’ più alta ma contemporaneamente impossibilitata a entrare nel mercato libero, una domanda di edifici in affitto per giovani coppie che provengono sia dall’Italia sia dal resto del mondo. Dobbiamo ricordare sempre che il nostro è un Paese che accoglie centinaia di migliaia di studenti e ricercatori: una linfa vitale che deve essere protetta e incentivata.”