HomeArchitetturaArchitetti e Personal Branding, Gianluca Lo Stimolo svela le strategie giuste per...

Architetti e Personal Branding, Gianluca Lo Stimolo svela le strategie giuste per emergere

-

Preparati, colti, creativi: gli architetti sono da sempre una categoria professionale affascinante, per la loro capacità di plasmare lo spazio in cui viviamo ed elaborare nuove visioni della contemporaneità. Un patrimonio di idee e competenze che merita di essere valorizzato adeguatamente, anche attraverso gli strumenti che oggi la comunicazione ci offre, a patto di conoscerli e saperli sfruttare al meglio. Per approfondire queste tematiche e formare professionisti in grado di trarne vantaggio mercoledì 29 maggio di terrà a Milano, nello Spazio R10 di Via Rutilia 10, il workshop gratuito Il Personal Branding per l’architetto, organizzato da Map Design Communication e curato da Gianluca Lo Stimolo, il CEO di Stand Out Agency (agenzia leader in Italia di servizi integrati di Personal Branding) che ha risposto in anteprima alle nostre domande.

Nella società della comunicazione conoscere le strategie del Personal Branding è diventato indispensabile, anche per gli architetti. Quali sono i tre accorgimenti immediati che suggerirebbe a un progettista intenzionato a rilanciare la propria posizione sul mercato del lavoro?

Iniziamo col dire che il Personal Branding, inteso come cura della propria immagine professionale e della percezione che se ne ha sul mercato, è sempre esistito, anche se abbiamo cominciato a chiamarlo così in tempi recenti. Oggi è però una questione imprescindibile, a causa della competizione sempre più elevata che caratterizza il mondo del lavoro, una situazione che ha portata globale ed è destinata ad acuirsi. Ne deriva la necessità di emergere sugli altri e di distinguersi per la propria specificità. Inoltre, con il dilagare del fenomeno delle fake news si è verificato sulle persone un effetto di schermatura e filtro verso la comunicazione, in particolare verso quella spersonalizzata, che non prevede un volto capace di farsi garante di ciò che viene comunicato. Metterci la faccia è quindi oggi un fattore fondamentale per risultare credibili.

Nel mondo professionale italiano però questa esigenza non è sempre stata recepita: storicamente in Italia si fa esattamente l’opposto, cioè i professionisti “nascondono” la propria individualità dietro agli studi professionali. Questo accade spessissimo nel caso degli architetti. In più, l’architetto ha di solito un’ulteriore difficoltà costituita dal suo eclettismo, che non sarebbe un difetto in sé ma a livello comunicativo rischia di diventare uno svantaggio: caratterizzato com’è da una creatività poliedrica, l’architetto non viene riconosciuto per qualcosa di specifico e quindi, a meno che il suo nome non sia legato ad una realizzazione di straordinaria importanza che lo identifica, finisce per rimanere anonimo.

Detto questo, i consigli sono i seguenti: avere il coraggio di scegliere un tema o uno stile specifico per farne un tratto identitario in termini progettuali, il che non significa limitare la propria creatività nei fatti ma piuttosto incanalarla in modo chiaro a livello di comunicazione; capire con esattezza quale sia il proprio target e sceglierne uno specifico da elevare a pubblico privilegiato, dal momento che gli architetti tendono a parlare più alla propria categoria che ai propri potenziali clienti; infine, avere una grande cura della propria immagine e della propria comunicazione, evitando di pensare che sia sufficiente far parlare le proprie creazioni. E’ importante raccontare di più di se stessi per favorire l’umanizzazione, ossia l’identificazione di un progetto con una persona, che è uno dei grandi trend attuali della comunicazione insieme alla capacità di “eventizzare” ossia di coinvolgere le persone creando situazioni “evento”.

Quali sono invece secondo lei i principali errori da non fare?

L’errore tipico è quello di parlare a un target completamente sbagliato, non avendo consapevolezza di quale sia quello giusto. Come gli artisti, gli architetti si focalizzano sulla propria opera con la convinzione che sia essa stessa lo strumento per selezionare il pubblico giusto, ma non è così. Bisogna sceglierlo in maniera mirata.

Quali sono oggi per i progettisti i canali di comunicazione sui quali è più importante ottenere visibilità?

I canali variano a seconda del proprio target di riferimento. Gli architetti, così come molte altre figure professionali in realtà, tendono a concentrarsi sugli strumenti comunicativi senza avere chiaro quale sia il pubblico a cui ci si rivolge. Siamo tutti condizionati dalle mode degli strumenti, basti pensare all’ansia della presenza sui social. In realtà, la presenza o meno su uno strumento dipende dalla scelta di pubblico che si fa: se sono su una determinata piattaforma il mio pubblico mi vede? Se la risposta a questa domanda è no, sto sprecando energie per nulla. Non si deve inseguire il falso mito dell’influencer e dei like, perché non sono indicatori necessariamente utili ad ottenere risultati professionali, per i quali serve una vera analisi di target.

Per quanto riguarda i social network, LinkedIn è sicuramente uno strumento importante per gli architetti, perché è forte nel B2B e consente di creare relazioni con una tipologia di target allineato. Questo non significa che basta esserci: proprio perché la pagina LinkedIn rientra sempre nelle prime tre posizioni di una ricerca su Google, si tratta di una vetrina che va curata. Per esempio, quando ci si racconta, non basta definirsi “architetto”, bisogna sempre presentare una promessa al mercato: si deve cioè specificare con chiarezza quale tipologia di utente si è in grado di aiutare, quale risultato si promette a questa categoria di persona e in che maniera lo si fa. La maniera ha a che fare con lo stile, i materiali, il tipo di progetto, il pubblico a cui ci si rivolge sottintende il target che si è in grado di soddisfare, mentre il risultato promesso va dichiarato con forza, è la cosa più importante. Questa presentazione dovrebbe rientrare nelle prime righe del profilo LinkedIn e invece non si trova quasi mai.

D’altro canto, per gli architetti può avere un senso anche la gestione di un profilo Instagram, purché si sia in grado di rappresentare al meglio ciò che si realizza attraverso foto e video.

 Chiudiamo con una provocazione: oggi è più importante essere bravi oppure essere in grado di raccontarsi come tali?

È una bella provocazione. Io sostengo sempre che un buon Personal Branding si muove su due assi, da un lato l’asse delle competenze, dall’altro l’asse della visibilità. In questo momento storico se una persona ha una buona visibilità ma competenze basse può sfondare, però durerà poco. Chi pensa di riuscire ad avere successo semplicemente comunicando bene si sbaglia, perché le competenze restano la base di qualunque strategia di Personal Branding. Inoltre, oggi, anche se può sembrare facile colmare le proprie lacune sostanziali con l’astuzia del marketing, è vero il contrario: siamo più che mai alla luce del sole ed è inevitabile essere smascherati. La competenza non può mai venire meno. Tuttavia, al contempo, se non siamo in grado di comunicare le nostre capacità o non abbiamo coscienza dell’importanza della comunicazione, rischiamo di rimanere relegati nel mondo dei geni incompresi senza riuscire a emergere o a valorizzare le nostre qualità. In definitiva, competenze e visibilità sono due facce della stessa medaglia: devono crescere e svilupparsi insieme.

 

Per iscriversi al workshop: https://www.mapdesign.it/personal-branding