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Lo scatto della Cerimonial Court di Doha vince il Premio New Buildings 2021: intervista alla fotografa Francesca Pompei

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Complici i grandi eventi mondiali che hanno trovato e sempre più troveranno proprio lì la loro collocazione, con tutti i giganteschi investimenti che ne derivano, le grandi città del Medio Oriente sono oggi diventate un punto di riferimento fondamentale per la costruzione di grandi opere di architettura, progettate da alcune delle archistar internazionali più blasonate. Una di queste opere, la Ceremonial Court, disegnata dall’architetto giapponese Arata Isozaki all’interno dell’Education City di Doha, è la protagonista di Sharada #4, la fotografia che ha vinto il Premio New Buildings 2021, indetto da Matrix4Design in collaborazione con il concorso URBAN Photo Awards (qui le motivazioni). A scattarla è stata la fotografa Francesca Pompei, autrice di un’immagine che si distingue per il sapiente gioco di luci e ombre, dal fascino suggestivo. L’abbiamo intervistata.

Francesca Pompei – Sharada #4

Qual è la storia dietro lo scatto Sharada #4, vincitore del Premio New Buildings 2021? Come nasce questa fotografia? 

Si tratta della Ceremonial Court, all’interno dell’Education City, a Doha.

Questa iconica architettura fa parte dell’incredibile patrimonio di opere, ideate da celebri Pritzker Prizes, che stanno spuntando in tempi record nella capitale del Qatar in vista della Football World Cup che sarà ospitata nel 2022. Come fotografa d’architettura è un luogo notevole da visitare quindi ho organizzato il viaggio con il proposito di realizzare delle immagini che traducessero la silenziosa eleganza delle location in un rigore compositivo un po’ sognante.

Che cosa rappresenta per te la vittoria di questo Premio? Quali sono secondo te le caratteristiche dello scatto che hanno colpito la giuria determinandone la scelta?

La vittoria di un primo premio non può che riempire di soddisfazione! Se poi avviene per una fotografia d’architettura, che è il mio campo espressivo privilegiato, con il riconoscimento di una testata editoriale di settore, la gratificazione è doppia! Nell’immagine ho cercato di restituire un po’ dell’atmosfera sospesa e quasi da Le mille e una notte che il posto mi trasmetteva. Magari ci sono riuscita…

Come ti sei avvicinata alla fotografia di architettura? È stato un colpo di fulmine o un percorso graduale?

Ho fatto esperienza in diversi campi, dal reportage alla fotografia di scena, prima di arrivare all’arte e all’architettura. Direi che è stato un approdo dopo un percorso che mi ha aiutato a mettere a fuoco quello che sentivo più congeniale alla mia indole e ai miei studi. Il tutto avvenuto sotto il nume tutelare di Gabriele Basilico e del suo lavoro, dimostrazione di un’immagine d’architettura intesa non solo come un’espressione formale ma anche come una sintesi di contenuti e concetti.

Francesca Pompei

Nel tuo lavoro di fotografa ti sei confrontata spesso con opere iconiche, firmate da grandi architetti. Che cosa unisce fotografia e architettura? Come si contaminano questi due mondi?

Sicuramente, aldilà di un discorso compositivo, la fotografia d’architettura interpreta l’opera raccontando del luogo, della sua dimensione e cultura. Aiuta a capire l’urbanistica, fornisce la documentazione di siti scomparsi o modificati, traduce il rapporto tra il paesaggio antropizzato e naturale.

Il futuro si può costruire dal passato trovando nuove idee di riconversione, d’abitazione, di spazi condivisi, in una dinamica che assomigli molto alla vita, in una relazione fatta di architetture e di persone che le abitano. La sintesi estetica che fornisce la fotografia, un po’ come lo erano le vedute e le stampe a volo d’uccello delle città, può aiutare a veicolare conoscenze e stimolare una nuova visione del rapporto con lo spazio.

C’è un messaggio che vuoi trasmettere al pubblico attraverso i tuoi scatti?

L’architettura mi affascina come espressione di uno spazio comune, condiviso nelle sue declinazioni più diverse, nella consapevolezza che sia pensata per essere costruita e poi vissuta.  E per il suo essere manifestazione del tempo, inteso come dimensione plasmante dei luoghi e delle loro identità attraverso una memoria comune. Nelle mie immagini mi piacerebbe riuscire a far arrivare un po’ di tutto questo.

In definitiva, che cos’è per te la fotografia?

Il modo di mettere in forma il mio rapporto con il tempo e la mia ricerca della bellezza.