Ha solo 33 anni, di cui dieci di esperienza e collaborazione con grandi brand italiani e internazionali e sei di lavoro nel suo studio a Milano, eppure Marco Spatti è già uno dei nomi emergenti del design italiano, formatosi a stretto contatto con maestri del calibro di Mario Bellini e oggi pronto a rivoluzionare gli stilemi del progetto, con un focus d’interesse sul settore illuminazione. La sua idea di prodotto si può riassumere in tre aggettivi: funzionale, utile e intelligente. Il perché di questo approccio? Ce lo siamo fatti spiegare direttamente da lui.
Come si sviluppa la tua esperienza di designer e qual è il tuo stile progettuale?
Dopo diverse esperienze di lavoro nel settore design, tra cui una collaborazione di due anni e mezzo con Mario Bellini che è stata molto importante per la mia formazione, oggi mi occupo soprattutto di progetti per il settore illuminazione.
In generale, tendo ad avere un approccio funzionale al prodotto: l’oggetto deve assolvere ad una funzione e avere un’utilità reale prima di tutto, e dunque il processo creativo parte sempre da qui.
E qual è il punto d’arrivo di questo processo?
Ho lavorato a molti progetti. Ad esempio, per il marchio d’illuminazione Sforzin ho progettato Tesa, un prodotto che nasceva dall’esigenza di utilizzare dei moduli LED. Ragionando quindi sulla tecnologia a disposizione dell’azienda ho sviluppato una lampada che prende forma attraverso la curvatura equilibrata del metallo. Di recente, invece, con Fabbian abbiamo realizzato Ari, un sistema d’illuminazione che assolve alla funzione di portare la luce in punti della casa privi di alimentazione nel quale il cavo, spesso considerato antiestetico, diventa parte integrante del progetto di design.
Quanto è importante per te l’innovazione?
È fondamentale. Progettare illuminazione secondo me oggi è particolarmente interessante proprio perché lo sviluppo tecnologico attuale nel campo dei LED è molto più veloce rispetto all’evoluzione che si può avere in altri settori. Questo permette ai designer di ideare oggetti sempre nuovi, magari impossibili da pensare fino a qualche anno fa. Per me, in particolare, l’innovazione tecnologica è importantissima e se poi viene dichiarata attraverso l’estetica, allora l’equilibrio perfetto è raggiunto.
Che cosa ti guida quindi nel tuo lavoro?
Il mio principio guida è sicuramente il fatto che l’oggetto, qualunque esso sia, debba essere intelligente. Lo può essere in molti modi: può essere intelligente perché assolve ad una funzione o anche semplicemente perché altamente democratico, cioè funzionante e al tempo stesso accessibile a tutti; può essere intelligente, invece, perché rende la vita più semplice al suo utilizzatore, basti pensare ad una sedia particolarmente leggera oppure disegnata per essere facilmente impilabile. Insomma, non importa come o perché, ma un oggetto deve sempre essere a suo modo intelligente, questa è la mia convinzione.
Come vedi il tuo futuro?
Difficile sapere che cosa mi riserverà ma la speranza è quella di trovare sempre più aziende che mi consentano di disegnare a modo mio, che mi diano l’opportunità di creare oggetti autenticamente intelligenti.